martedì 26 luglio 2011

25 luglio LasciateCIEntrare


Aprire le porte dei CIE per garantire informazione e trasparenza
Oggi presidi in tutta Italia


Anche l’Arci aderisce alla giornata di mobilitazione promossa oggi dalla Federazione nazionale della stampa italiana per chiedere il ritiro della circolare firmata dal ministro Maroni che vieta ai giornalisti l’ingresso nei CIE. Ci troviamo infatti di fronte all’ennesima violazione dell’articolo 21 della nostra Costituzione che sancisce il diritto a informare ed essere informati. Una violazione in questo caso particolarmente odiosa, poiché si vuole impedire che l’opinione pubblica venga a conoscenza delle condizioni di degrado e sopruso cui i migranti sono costretti a causa di una detenzione  che non ha fondamento giuridico.

Vogliamo contribuire a squarciare questa coltre che oscura la verità raccontando l’esperienza fatta dai nostri operatori all’interno del centro di Lampedusa. L’Arci è stata infatti recentemente autorizzata dal Ministero dell’Interno a svolgere le proprie funzioni di ente di tutela in favore dei cittadini stranieri nel cpsa dell’isola.

Non è la prima volta che l’ARCI opera a Lampedusa. Operatori e volontari dell’associazione sono presenti a Lampedusa sin dal 2005, con varie attività (dai campi di lavoro, all’organizzazione di eventi culturali, alla denuncia di abusi e violazioni di legge, ad un’azione costante di controinformazione).  
 Fino all’autunno si occuperanno di assistenza durante gli sbarchi, monitoraggio della situazione nel centro, raccolta di testimonianze sul ‘viaggio, condizioni di vita in Libia e/o nei paesi d’origine, informazione sulla situazione giuridica dei migranti trattenuti, informazione sulla legislazione italiana sull’immigrazione e l’asilo, tutela dei minori, delle categorie vulnerabili, dell’unità familiare, assistenza nell’accesso alla procedura d’asilo, tutela legale dei migranti ‘economici’, assistenza del migrante e richiedente asilo nei trasferimento sul territorio italiano tramite il numero verde nazionale dell’Arci e la rete territoriale dell’associazione presente in tutte le città.


Dai primi report inviati dagli operatori che hanno accesso al cpsa emergono in particolare le seguenti criticità:

1.     gli spazi sono degradati e le persone vivono in un posto ‘di passaggio’ un periodo troppo lungo;
2.     non c’è alcuna giustificazione per questo trattenimento lungo e illegittimo: se anche fosse vero che mancano i posti (cosa che non è) lo stato è obbligato a trovare soluzioni legittime evitando di creare altrove altre “piccole Lampedusa”;
3.     il trattenimento per più di 48 ore in assenza di provvedimenti del giudice non è legale: un sopruso più volte denunciato anche da organizzazioni e istituzioni internazionali.
4.     i minori hanno un trattamento simile a quello degli adulti: detenuti per periodi lunghi e in stato di abbandono. Non risulta siano presi in carico da nessuno e si trovano quindi in una condizione che è contraria a quanto prevede la legge;
5.     i maghrebini subiscono un trattamento discriminatorio, trattenuti in attesa di rimpatrio coatto (l’ultimo, l’11 luglio con un volo che li ha portati da Lampedusa a Palermo e da qui in Tunisia);
6.     le richieste d’asilo raccolte dall’Arci non ricevono trattamento analogo a quelle raccolte da altri organismi perchè mancherebbe “uno specifico protocollo in materia”;
7.      E’ certo che 4 tunisini che avevano espresso la volontà di fare richiesta d’asilo e nominato un legale sono stati rimpatriati senza che la loro domanda venisse esaminata.

Anche solo alla luce di queste parziali informazioni (in allegato il primo report dell’esperienza diretta degli operatori entrati al cspa) è evidente quanto sia fondamentale poter fornire notizie  su quel che succede realmente all’interno dei centri. La prima condizione per poter chiedere il ripristino della legalità e dei diritti democratici è conoscere la verità.

Roma, 25 luglio 2011 (dichiarazione di Filippo Miraglia)


 
 

Report delle prime giornate trascorse da volontari e operatori dell’Arci nel cpsa di Lampedusa

Le condizioni igieniche del cpsa di contrada Imbriacola a Lampedusa sono carenti, gli ambienti sono sempre molto sporchi. La gestione e l’organizzazione del lavoro di pulizia non sono adeguate alla situazione, come si può constatare da un accesso quotidiano agli spazi del centro.

I migranti presenti a luglio, maghrebini (in prevalenza marocchini, poi tunisini e algerini), libici, ma principalmente subsahariani (molti della Nigeria, ma anche del Mali, Senegal, Ghana, Gambia, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Niger, Camerun) e cittadini del Bangladesh vivono una condizione di degrado a causa della scarsa cura degli spazi e dell’assenza di attenzione ai tempi, spesso lunghi di trattenimento nel centro (non sono previste attività ricreative), e della promiscuità.
La permanenza nel centro sia per i maggiorenni, sia per i minori, supera molto spesso i 40 giorni, con picchi di 50 giorni e questo soprattutto per i migranti tunisini. Vi è quindi un trattenimento illegale senza che la magistratura abbia accertato e convalidato i motivi della detenzione.  Peraltro la natura giuridica del centro dovrebbe rispondere ad esigenze  di prima assistenza e soccorso e non di detenzione amministrativa come per i  Cie.
Le condizioni di degrado, l’assenza di servizi per tempi di permanenza lunghi, soprattutto in presenza di numeri alti, rendono impossibile una  permanenza superiore ai 2/3 giorni.
I migranti maghrebini, soprattutto i  tunisini, sono trattenuti in attesa di rimpatrio coatto. Lunedì 11 luglio, 32 di loro sono stati rimpatriati in Tunisia, con un volo Lampedusa-Palermo Palermo-Tunisi, notizia confermata da telefonate effettuate dai rimpatriati ai compagni rimasti a Lampedusa.
Si tratta di una prassi consolidata, che non prevede alcuna informazione sul diritto di asilo, e che si accompagna ad un l’atteggiamento delle forze dell’ordine particolarmente discriminatorio verso i tunisini. L’ARCI, attraverso la presenza dei suoi operatori, ha garantito l’accesso al diritto d’asilo anche ai nordafricani, alcuni dei quali hanno espresso la volontà di formalizzare la richiesta.
Ma finora le domande di accesso alla procedura d’asilo, e segnatamente quelle sottoscritte dai migranti presenti e depositate dall’Arci presso gli uffici della PS del CPSA, attraverso una procedura già sperimentata tra PS e UNHCR, non vengono gestite in modo analogo alle altre (l’ARCI non riceve notizie sulla destinazione dei richiedenti) a causa - secondo la PS - della mancanza di un protocollo specifico tra ARCI e Ministero dell’Interno. In realtà l’ARCI, durante il normale lavoro di informazione e orientamento, si limita a raccogliere la volontà espressa dal migrante di chiedere asilo e la segnala, per maggiore garanzia del richiedente, attraverso una domanda da lui sottoscritta e recante i suoi dati.
La decisione della PS di sospendere le domande da noi segnalate crea un evidente pregiudizio per il richiedente asilo che,   pur avendo già manifestato la volontà di accedere alla procedura di asilo, rischia un rimpatrio coatto. Questo è avvenuto per esempio  il 22 luglio a 4 tunisini, rimpatriati, pur avendo fatto richiesta d’asilo e nominato un legale.
Per quanto riguarda i minori, il periodo del loro trattenimento supera spesso quello degli adulti, con punte di 45 giorni.  Molti si sono lamentanti con gli operatori ARCIper la mancanza di prodotti per la pulizia del corpo e degli indumenti, e per la scarsa fornitura di abbigliamento adeguato alla loro età.
Al fine di garantire una maggiore tutela ai minori, l’Arci, dopo aver informato accuratamente i minori sul diritto d’asilo, ha seguito alcuni di loro nell’accesso alla procedura, segnalando i casi anche al Servizio Centrale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati.
I trattenuti al cpsa per la maggior parte hanno intorno ai 16-17 anni. A differenza degli adulti hanno più libertà di movimento e non sono nelle ‘gabbie interne’.
 Abbiamo tuttavia rilevato che spesso passano la giornata insieme agli adulti, per loro scelta e contravvenendo alle disposizionidell’ente gestore e della PS, evidentemente per stare con i loro ‘compagni di traversata’. Non ci risultache al poliambulatorio di Lampedusa venga fatto l’esame radiografico per l’accertamento dell’età.
Il 21 luglio abbiamo assistitoad una lite tra minori. Portati fuori dal centro su una camionetta della polizia, quando sono rientrati avevano sul corpo medicazioni e fasciature, segni evidenti di violenze subite dopo l’uscita dal centro.
Dalle interviste emerge che il costo del  ‘viaggio’ dalla Libia sì è abbassato notevolmente, fino agli attuali 500 dinari (circa 250 euro). I migranti aspettano in enormi hangar la chiamata per imbarcarsi. La maggior parte dei migranti parte con ‘guide’ che non conoscono bene la rotta, privi di telefoni satellitari, e questo spiega i tanti incidenti in mare.
Evidenti violazioni dell’obbligo internazionale del Non-refoulement  e degli obblighi di soccorso in mare, emergono da  alcune narrazioni del viaggio nel Canale di Sicilia, raccolte dentro il centro:

“Il 9 luglio 2011 è partita una imbarcazione da Tunisi con a bordo una sessantina di migranti, fra cui un numero consistente di ragazzi tra i 14 e i 15 anni. Dopo 13 ore di traversata, in acque internazionali l’imbarcazione non ha più funzionato. Intorno alle 14 si è avvicinata una nave militare italiana, all’interno della nave vi era un elicottero. I militari, con due piccole imbarcazioni a motore, hanno portato alla barca in difficoltà cibo, bevande e materiale per far ripartire il motore. Alle 18.30 la nave militare è ripartita senza prendere a bordo i migranti, e quando era ancora visibile - a 4, 5 miglia dalla barca - accostava al barcone la motovedetta tunisina ‘El Hourria’.
I migranti hanno riferito che la motovedetta tunisina era stata chiamata dai militari italiani. Dalla motovedetta gli è stato detto di salire a bordo, perché se fossero rimasti sulla barca  sarebbero morti in mare. I minori hanno cominciato a piangere.  40 migranti hanno deciso di salire sulla motovedetta tunisina, 20 sono rimasti gridando "o Italia o morte". Prima di partire in direzione della Tunisia, la motovedetta ha urtato la piccola imbarcazione, con un’operazione molto pericolosa, per intimorire i migranti. Solo alle 23.30 il motore della barca ha ripreso a funzionare. Alle 6.30 il natante è stato intercettato dalla guardia costiera italiana che l’ha scortata al porto di Lampedusa”

“All'inizio di luglio,  una imbarcazione ha smarrito la rotta, ha vagato in mare per 5 giorni, senza incontrare alcuna nave. E’ sopravvenuta una tempesta, di notte, e 10 persone sono cadute in mare e sono morte. Sull’imbarcazione non c’era un GPS e la ‘guida’ non conosceva il tragitto.”

“Un altro gruppo di sette migranti sono arrivati ​​con un gommone, anche loro hanno perso la rotta e hanno vagato per cinque giorni. Nonostante le loro richieste di aiuto, le barche da pesca e i motopescherecci hanno continuato la propria rotta. I migranti sono rimasti ustionati a causa dell’esposizione al sole e delle perdite di carburante dal gommone”.

mercoledì 20 luglio 2011

Appello a Genova sino al 24 luglio

Dieci anni fa, sull'onda delle suggestioni che riecheggiavano dal primo Forum Sociale di Porto Alegre, riempimmo le strade di Genova per contestare i potenti del G8 e denunciare le contraddizioni di una globalizzazione sbagliata. Le voci di una nuova coscienza civile irrompevano nella scena pubblica demolendo le certezze del pensiero unico. Quella che ci ispirava era un'idea semplice e rivoluzionaria: le grandi questioni del mondo non sono prerogativa esclusiva di stati e governi ma chiamano in causa il diritto di ogni essere umano a decidere del proprio futuro. Parlavamo di giustizia sociale, diritti umani, democrazia, sviluppo sostenibile, pace e cooperazione fra i popoli. Fummo aggrediti dallo Stato con una repressione brutale, senza precedenti nella storia repubblicana. Ma il tentativo di criminalizzarci non riuscì, perché quel movimento seppe evitare la spirale della violenza e difendere la sua autonomia. E in tutti questi anni ha continuato a intrecciare relazioni, riunire esperienze e culture diverse, seminare pensiero critico, diffondersi in mille vertenze e pratiche sociali. Avevamo visto giusto, perché ciò che allora paventavamo oggi sta accadendo. Avevamo ragione a sostenere che il mito liberista della crescita infinita è una follia, che il saccheggio delle risorse naturali avrebbe prodotto disastri; che l'arbitrio di un mercato senza regole avrebbe calpestato i diritti umani e impoverito milioni di persone; che il mondo sarebbe diventato ingovernabile senza una politica capace di mediare gli interessi in nome del bene comune; che le guerre non avrebbero portato più democrazia, ma altre ingiustizie e nuovi conflitti. Oggi tutto ciò è più chiaro agli occhi di tanti, ma anche questo non basta. Di fronte a una crisi dalla portata epocale, che è al tempo stesso economica, sociale, ambientale, culturale e democratica, dobbiamo cercare nuove risposte. Ripensare il rapporto con la natura, le risorse, il lavoro, i consumi; prendere atto dell'interdipendenza fra gli esseri umani, fra i contesti locali e la dimensione planetaria dei problemi; imparare a convivere e condividere; ripensare l'idea di sviluppo e gli indicatori del benessere dell'umanità. Ad ogni latitudine il mondo si interroga sulla possibilità di cambiare strada, e oggi le rivoluzioni della primavera araba ci dicono che il cambiamento può partire proprio dal sud del mondo. Popoli rapinati e oppressi da vecchi e nuovi colonialismi mettono a nudo il fallimento del liberismo e ci indicano la rotta di un'altra storia possibile: lotta alla povertà, sovranità alimentare, beni comuni, istruzione, libertà, democrazia. La storia ci insegna che dalle grandi crisi si può uscire con più diritti o più ingiustizie, con più democrazia o più autoritarismo, col progresso o l'arretramento di civiltà. L'esito non è scontato, e non saranno solo i governi e i poteri economici a scriverlo, ma anche le società che si fanno protagoniste del cambiamento. Per questo torniamo a Genova, per riprendere insieme a tanti e diversi soggetti sociali, il filo di una ricerca comune e il cammino verso un altro mondo possibile.

venerdì 15 luglio 2011

"LIBERA TUTTI" work in progress del nostro film


LIBERA TUTTI - lavorincorso - from arci thomas sankara on Vimeo.

































Le storie
La casa dei rom             
Io sono un traceur!
Il Buddha delle periferie
Il mio diploma in Italia
Venti giorni
PArafrasi                           
Sri Lanka Style                         
Senza difesa
I am not
Flussi d'oriente




giovedì 14 luglio 2011

15 luglio convegno SS. Salvatore a Castroreale (ME)


CONVEGNO
RICHIEDENTI PROTEZIONE INTERNAZIONALE E PROTEZIONE UMANITARIA

IL DIRITTO
ALL’ ACCOGLIENZA
E ALL’ INTEGRAZIONE

Programma
Ore 9.30 Presentazione a cura della D.ssa Giacoma Crisafulli  
Saluti - Avvocato Salvatore Leto - Sindaco di Castroreale
Interventi :
I Diritti Inviolabili dell’Uomo : Avv. Salvatore Leto - Sindaco di Castroreale
Tutela del diritto di Asilo : D.ssa Tommasa Cardia Operatore Legale - Circolo ARCI Thomas Sankara Messina
Sindrome da “sradicamento” e vittime di tortura: aspetti psicopatologici e approccio terapeutico: D.ssa Anna Schepis psichiatra e psicoterapeuta psicoanalitica.
Il ruolo dell’ACNUR (UNHCR) in Italia e in Sicilia terra di frontiera : D.ssa Rocio Muniz Soler - Consulente legale - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)
Diritto di Asilo e Prospettiva di genere : D.ssa Elisa Calabrò - Circolo ARCI Città Futura— Barcellona P.G.
Mass Media e Informazione sui temi del diritto di Asilo e dell’immigrazione : — Dott. Bendetto Ortitullo — Giornalista Antenna del Mediterraneo
 
Moderatore : D.ssa Giacoma Crisafulli

Arci Thomas Sankara al meeting antirazzista di Cecina

clikka qui per il programma del MIA 2011
















Il 17° Meeting Internazionale Antirazzista (MIA) di Cecina ospita oggi “Fratelli d'Italia”,
l'evento conclusivo del progetto “Spunti di Vista”, 01/07/2011.
Il progetto, partito a settembre 2010, è promosso da ARCI Nazionale – Ufficio immigrazione, diritto d’asilo e lotta al razzismo, supportato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (bando AZIONI POSITIVE 2010) e realizzato dal circolo Thomas Sankara di Messina e dal circolo Métissage di Milano in partenariato con l’Unione dei Circoli Cinematografici (UCCA), il Dottorato di
Ricerca in Pedagogia e Sociologia Interculturale dell'Università di Messina e Johannes Gutenberg-Università di Mainz (Germania), il Liceo Statale “E. Ainis” di Messina e l’Istituto Comprensivo “Via Prati” di Desio (Milano).
L'evento giunge al termine di una settimana che ha visto circa 60 ragazzi di origine straniera e non, provenienti da Milano e Messina, ma anche dalla Campania, da Roma, Rieti, Terni, Udine, Imperia e Mazzarino, impegnati in attività di formazione, laboratori di video-making, divertimento e socialità.
29 e 30 luglio
• Scena Cecina “Ciak, si gira!”, laboratorio di video-making, curato dai ragazzi del circolo Thomas Sankara insieme a Giuseppe Minolfi (regista), che ha lavorato sulla relazione tra narrazione e percorso creativo. I ragazzi si sono trasformati in video-reporter con interviste ai partecipanti al MIA e ai turisti del posto sul razzismo, il
 riconoscimento della cittadinanza italiana e sul concetto di luogo comune
• Gioco di ruolo sul diritto d'asilo, a cura degli operatori del Numero Verde per Richiedenti e Titolari di Protezione Internazionale, volto a sensibilizzare i ragazzi sulle tematiche della protezione internazionale e, soprattutto, sulle numerose storie di protezione negata.
L'evento di oggi pomeriggio prende il titolo dal film di Jacopo Tartarone, proiettato nei due circoli attuatori in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, e sarà l'occasione di presentare i primi risultati della ricerca-azione che ha visto i ragazzi dei circoli e dell'Università impegnati a ideare un questionario e somministrarlo ad oltre 500 giovani di origine straniera di Milano e Messina. Un'occasione, insomma, per dipingere insieme un quadro
dell'Italia di oggi, così come la vedono e la vivono questi giovani che sono ormai l'anima del MIA e il presente del nostro paese.
Interverranno all'incontro Paola di Lazzaro (UNAR), Alessandra Capodanno (coordinatrice del progetto), Antonella Cammarota (Università di Messina), Anna Maria Rivera (Università di Bari), Massimo Cannarella (laboratorio di sociologia visuale Università di Genova), il regista Giuseppe Minolfi, Angela Bagnato (dottorato in sociologia interculturale dell’università di Messina), Patrizia Maiorana, Tania Poguisch, Claudio Jayakody, Sokaina Fayed, Imad Al Huaniti, Eranga Hettiwatte(circolo Thomas Sankara, Messina), Anita Pirovano (circolo Métissage, Milano), Filippo Miraglia (ARCI Nazionale),Simonetta Agnello Hornby (scrittrice),
Al meeting sarà presentata l'anteprima del film LIBERA TUTTI realizzato dalle ragazze e dai ragazzi del laboratorio video del Circolo Arci Thomas Sankara.
Infine, il circolo ha presentato la mostra "Lampedusa watching" della fotografa Giulia Corbascio.