sabato 7 febbraio 2009

Alaà Abu Rob, 21 anni, profugo palestinese, trucidato dall’esercito israeliano.

Un'altra tragedia si è consumata in Palestina, in Cisgiordania, vicino a Jenin, nel villaggio di Quabatya il 5 febbraio. Il Circolo Arci Thomas Sankara da sempre al fianco del popolo palestinese ha esposto sulla propria porta il segno del lutto ed è vicino alla famiglia di Alaà, nipote della dirigente dell’associazione dott.ssa Rana Abu Rub. La notizia girata sui media è trattata come l’ennesimo episodio di guerra, un’operazione dell’esercito israeliano per fermare un “pericoloso miliziano” della Jihad Islamica. Le fonti ovviamente sono sempre quelle della forza occupante: Israele. Le notizie raccontate dal fratello Mohammed, invece, ci parlano di crimini di guerra, tortura, violazione dei diritti umani. Alla 4:30 di notte circa 70 soldati, 30 con il volto coperto, hanno fatto esplodere la porta di casa dei genitori del ragazzo e sono penetrati all’interno, mentre la famiglia dormiva, i genitori e gli otto fratelli. Alaà era ancora sveglio davanti il computer,nel salotto di casa, il fratello Mohammed era accanto, disteso sul suo letto. Hanno sparato,come in un’esecuzione, alla testa di Alaà per ucciderlo, il fratello a pochi centimetri è rimasto fortunatamente illeso. Solo dopo l’assassinio ed aver legato il fratello, i soldati hanno chiesto se il ragazzo ucciso era armato – non aveva armi – e i documenti dei due fratelli. I genitori ed gli altri fratelli risvegliati dall’esplosione e dagli spari sono accorsi in salotto, alle grida ed alle lacrime della madre disperata i soldati hanno risposto di smettere o avrebbero ucciso tutta la famiglia. Fatti uscire i familiari a forza dalla casa, hanno fatto implodere l’edificio con il corpo di Alaà dentro. Il ragazzo era stato imprigionato la prima volta per 8 mesi, torturato e costretto a confessare “determinate cose” come resistente palestinese, due anni fa si era costituito volontariamente per paura di ennesime rappresaglie, recluso per 16 mesi e liberato solo 3 mesi fa, era tornato a casa confessando alla madre : non voglio più costituirmi perché nessuno può immaginare le torture a cui sono stato sottoposto. Le notizie ufficiali parlano di Alaà come ricercato, la condizione permanente di ogni resistente palestinese non appartenente all’Autorità palestinese, come se potesse esistere una condizione simile, con una pena che non finisce con la reclusione e un processo equo e regolare ed un trattamento con umanità, ma queste prerogative delle convenzioni internazionali valgono per la maggior parte delle popolazioni, non certo per il popolo palestinese. Chiediamo, soltanto il rispetto delle convenzioni internazionali, il divieto di uccisione di persone prive di mezzi di difesa, di violare la dignità umana utilizzando trattamenti inumani e degradanti, di distruggere da parte della potenza occupante immobili civili, di compiere rappresaglie, di torturare i prigionieri…. Tutto ciò produce solo odio, un ragazzo di 21 anni detenuto per anni, torturato, sotto minaccia.. Non c’è speranza di pace - sotto assedio - finché non si metterà fine ad un’occupazione ingiusta e criminale..
A breve il circolo organizzerà un incontro per distribuire materiali su questa ed altre storie sotto l’occupazione