venerdì 11 ottobre 2013

Comunicato stampa Pala Nebiolo 1

MESSINA: DETENZIONE ILLEGITTIMA

dichiarazione alla stampa del Circolo Arci Thomas Sankara


Il Circolo Arci Thomas Sankara ha maturato un’ esperienza decennale nel campo del diritto d’asilo, lavorando dentro e fuori i centri di detenzione e i  “non luoghi” istituzionalizzati da una politica migratoria miope. Le proposte dell’Arci, dentro e fuori i tavoli governativi, sono chiare; tra le altre: attuazione delle direttive europee e delle convenzioni internazionali, apertura di canali legali per i flussi migratori economici con l’adozione di un visto per ricerca lavoro, apertura di un corridoio umanitario per le persone che scappano dai teatri di guerra, come il Corno d’Africa e la Siria.Non avremmo mai immaginato che nella nostra città si costruissero i presupposti per l’apertura di centri di detenzione per migranti irregolari e richiedenti asilo. In qualità di componente l’Associazione è stata convocata in seno al Consiglio Territoriale per l’Immigrazione in data 8 ottobre con oggetto “accoglienza richiedenti asilo provenienti da altre provincie”, in tale consesso è stato dichiarato che la loro permanenza al PalaNebiolo sarebbe durata non più di 3 giorni e si invitavano le istituzioni presenti, a individuare altre strutture più consone all’accoglienza. Al tavolo istituzionale abbiamo manifestato il nostro dissenso ad accogliere dei richiedenti asilo in una palestra, contravvenendo così ai requisiti minimi della Direttiva 2013/32/UE. Inoltre, abbiamo espresso ad alcuni rappresentati della Giunta Comunale, la perplessità in merito alla scelta di adottare ipotesi proposte dalla Prefettura, senza alcun confronto e senza la garanzia di libera circolazione. Ieri, 10 ottobre è stato negato l’accesso all’equipe dell’associazione, specializzata in diritto d’asilo accompagnata da un’interprete di lingua tigrino.
Oggi, abbiamo formalizzato la richiesta al Prefetto in qualità di Ente di tutela iscritto alla prima sezione del Registro delle organizzazioni autorizzate all’ingresso nei centri. Apprendiamo da articoli di stampa che le persone, che sino a ieri, e con tutta probabilità fino ad oggi, erano “rinchiuse” con la polizia ai cancelli, sono sbarcate a Lampedusa il 23 settembre. Poi trasferite a Pozzallo, al Centro di Prima Assistenza e Soccorso, luogo autorizzato dal Ministero dell’Interno ad un trattenimento massimo di 48 ore, tempo necessario al soccorso ed all’identificazione. Supponiamo, che queste persone siano state sottoposte alla restrizione della libertà personale, senza alcuna convalida della Magistratura, contravvenendo ai dettami costituzionali.
Inoltre, abbiamo appreso che sino a ieri, almeno i somali e gli eritrei non avevano avuto la possibilità di formalizzare la domanda di asilo.
Si evidenzia che lo status di richiedenti asilo non è garantito da una provenienza geografica ma deriva da una manifestazione della propria volontà ad accedere alla procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato. La presenza di nigeriani e ghanesi, ci restituisce l’immagine di un “non-luogo” dove attendere altri trasferimenti e/o rimpatri, che potrebbe diventare, senza una reale opposizione istituzionale e della società civile, simile all’Umberto I di Siracusa. Un’ulteriore valutazione sul PalaNebiolo attiene alla sua natura giuridica; infatti, se dovesse protrarsi la permanenza degli “ospiti” questo significherebbe aver istituto un centro senza decreto ministeriale e senza i  requisiti minimi di legge.  I CARA, Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo, istituiti dal Ministero, permettono la libera circolazione degli ospiti, così come previsto dalla legge. E’ possibile entrare nello SPRAR, il sistema di accoglienza e protezione gestito dai Comuni Italiani attraverso l’ANCI, solo dopo aver accesso alla procedura per rifugiati. Il sistema dello SPRAR, vittima di tagli indiscriminati, che si regge sull’ autonomia e inclusione sociale dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, si pone agli antipodi delle scelte governative di creare “non luoghi” che con la precedente esperienza dei provvedimenti governativi per l’emergenza Nord africa, hanno fruttato al sistema della Protezione Civile, milioni di euro, spesi  per il  mero sostentamento materiale.  
L’Italia, non garantendo standard minimi di  accoglienza e un percorso di inclusione, è stata sanzionata dagli organismi europei e ormai, è giurisprudenza consueta, che tribunali dei paesi del Nord, impediscano il rimpatrio in Italia di titolari di protezione o richiedenti asilo provenienti dal nostro paese. Infatti, il regolamento Dublino, limita fortemente la libertà di circolazione in Europa per richiedenti asilo e rifugiati, nonostante sia stato accertato che l’Italia è colpevole di comportamenti “inumani e degradanti”. È ormai, diffusa, tra i “potenziali” richiedenti asilo la volontà di non rimanere in Italia, volontà che si scontra con il reato di clandestinità e la questione dei cosiddetti “dublinati” oggetto delle sentenze della Corte di giustizia europea. La militarizzazione della migrazione, insieme ai comportamenti spesso criminali di Frontex, produce effetti dolorosi che agiscono materialmente sulle vite di queste persone, impedendo, in alcuni casi, anche il contatto telefonico con le famiglie.

In questi giorni di lutto nazionale, in cui abbiamo ricevuto manifestazioni di solidarietà per la nostra iniziativa sulla tragedia di Lampedusa da parte di autorevoli esponenti della Giunta Comunale, le decisioni etero dirette prese per la realizzazione di questo “non-luogo” appaiono in palese contrasto con i principi di partecipazione democratica dal basso che nei mesi passati hanno contraddistinto il manifesto del Sindaco Renato Accorinti.