MESSINA: DETENZIONE ILLEGITTIMA
dichiarazione alla stampa del Circolo Arci Thomas Sankara
Il
Circolo Arci Thomas Sankara ha maturato un’ esperienza decennale nel campo del
diritto d’asilo, lavorando dentro e fuori i centri di detenzione e i “non luoghi” istituzionalizzati da una
politica migratoria miope. Le proposte dell’Arci, dentro e fuori i tavoli
governativi, sono chiare; tra le altre: attuazione delle direttive europee e
delle convenzioni internazionali, apertura di canali legali per i flussi
migratori economici con l’adozione di un visto per ricerca lavoro, apertura di
un corridoio umanitario per le persone che scappano dai teatri di guerra, come
il Corno d’Africa e la Siria.Non avremmo mai immaginato che nella nostra città
si costruissero i presupposti per l’apertura di centri di detenzione per
migranti irregolari e richiedenti asilo. In qualità di componente
l’Associazione è stata convocata in seno al Consiglio Territoriale per
l’Immigrazione in data 8 ottobre con oggetto “accoglienza richiedenti asilo
provenienti da altre provincie”, in tale consesso è stato dichiarato che la
loro permanenza al PalaNebiolo sarebbe durata non più di 3 giorni e si invitavano
le istituzioni presenti, a individuare altre strutture più consone all’accoglienza.
Al tavolo istituzionale abbiamo manifestato il nostro dissenso ad accogliere
dei richiedenti asilo in una palestra, contravvenendo così ai requisiti minimi
della Direttiva 2013/32/UE. Inoltre, abbiamo espresso ad alcuni rappresentati
della Giunta Comunale, la perplessità in merito alla scelta di adottare ipotesi
proposte dalla Prefettura, senza alcun confronto e senza la garanzia di libera
circolazione. Ieri, 10 ottobre è stato negato l’accesso all’equipe
dell’associazione, specializzata in diritto d’asilo accompagnata da
un’interprete di lingua tigrino.
Oggi,
abbiamo formalizzato la richiesta al Prefetto in qualità di Ente di tutela
iscritto alla prima sezione del Registro delle organizzazioni autorizzate all’ingresso
nei centri. Apprendiamo da articoli di stampa che le persone, che sino a ieri,
e con tutta probabilità fino ad oggi, erano “rinchiuse” con la polizia ai
cancelli, sono sbarcate a Lampedusa il 23 settembre. Poi trasferite a Pozzallo,
al Centro di Prima Assistenza e Soccorso, luogo autorizzato dal Ministero dell’Interno
ad un trattenimento massimo di 48 ore, tempo necessario al soccorso ed
all’identificazione. Supponiamo, che queste persone siano state sottoposte alla
restrizione della libertà personale, senza alcuna convalida della Magistratura,
contravvenendo ai dettami costituzionali.
Inoltre,
abbiamo appreso che sino a ieri, almeno i somali e gli eritrei non avevano avuto
la possibilità di formalizzare la domanda di asilo.
Si
evidenzia che lo status di richiedenti asilo non è garantito da una provenienza
geografica ma deriva da una manifestazione della propria volontà ad accedere
alla procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato. La presenza di
nigeriani e ghanesi, ci restituisce l’immagine di un “non-luogo” dove attendere
altri trasferimenti e/o rimpatri, che potrebbe diventare, senza una reale
opposizione istituzionale e della società civile, simile all’Umberto I di
Siracusa. Un’ulteriore valutazione sul PalaNebiolo attiene alla sua natura
giuridica; infatti, se dovesse protrarsi la permanenza degli “ospiti” questo
significherebbe aver istituto un centro senza decreto ministeriale e senza
i requisiti minimi di legge. I CARA, Centri di Accoglienza per Richiedenti
Asilo, istituiti dal Ministero, permettono la libera circolazione degli ospiti,
così come previsto dalla legge. E’ possibile entrare nello SPRAR, il sistema di
accoglienza e protezione gestito dai Comuni Italiani attraverso l’ANCI, solo
dopo aver accesso alla procedura per rifugiati. Il sistema dello SPRAR, vittima
di tagli indiscriminati, che si regge sull’ autonomia e inclusione sociale dei
richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, si pone agli
antipodi delle scelte governative di creare “non luoghi” che con la precedente
esperienza dei provvedimenti governativi per l’emergenza Nord africa, hanno
fruttato al sistema della Protezione Civile, milioni di euro, spesi per il
mero sostentamento materiale.
L’Italia,
non garantendo standard minimi di
accoglienza e un percorso di inclusione, è stata sanzionata dagli
organismi europei e ormai, è giurisprudenza consueta, che tribunali dei paesi
del Nord, impediscano il rimpatrio in Italia di titolari di protezione o
richiedenti asilo provenienti dal nostro paese. Infatti, il regolamento Dublino,
limita fortemente la libertà di circolazione in Europa per richiedenti asilo e
rifugiati, nonostante sia stato accertato che l’Italia è colpevole di
comportamenti “inumani e degradanti”. È ormai, diffusa, tra i “potenziali”
richiedenti asilo la volontà di non rimanere in Italia, volontà che si scontra
con il reato di clandestinità e la questione dei cosiddetti “dublinati” oggetto
delle sentenze della Corte di giustizia europea. La militarizzazione della
migrazione, insieme ai comportamenti spesso criminali di Frontex, produce
effetti dolorosi che agiscono materialmente sulle vite di queste persone,
impedendo, in alcuni casi, anche il contatto telefonico con le famiglie.
In
questi giorni di lutto nazionale, in cui abbiamo ricevuto manifestazioni di
solidarietà per la nostra iniziativa sulla tragedia di Lampedusa da parte di
autorevoli esponenti della Giunta Comunale, le decisioni etero dirette prese
per la realizzazione di questo “non-luogo” appaiono in palese contrasto con i
principi di partecipazione democratica dal basso che nei mesi passati hanno
contraddistinto il manifesto del Sindaco Renato Accorinti.