L’Associazione nazionale magistrati ha usato toni durissimi per stigmatizzare il disegno di legge sul processo breve presentato ieri in Senato: “la più devastante riforma introdotta nel nostro ordinamento”.
Facendosi scudo di un’esigenza vera, quella di abbreviare i tempi dei processi, il governo propone di introdurre nei fatti un’amnistia per i ricchi. I processi che andrebbero in prescrizione sono infatti quelli che riguardano reati gravissimi come la corruzione e concussione, i reati finanziari e societari, compresa l’usura e il falso in bilancio, fattispecie che molto difficilmente possono riguardare i meno abbienti, che anzi spesso di questi reati sono le vittime (processi Cirio, Parmalat, Eternit) e che grazie a questo ddl non avranno mai giustizia.
Per salvare Berlusconi dai procedimenti che lo riguardano, rischiano infatti di saltare centinaia di migliaia di processi in corso. Basterà infatti pagare un buon avvocato in grado di far rinviare le udienze e l’immunità sarà assicurata.
Ma l’aspetto eticamente più insopportabile sta nei reati che sono esclusi dai benefici del provvedimento in nome dell’opportunità propagandistica. Non solo il furto, per cui il poveraccio che ruba in un supermarket è considerato socialmente più pericoloso di chi ha provocato la morte di centinaia di persone per l’esposizione all’amianto, tanto per fare un esempio, ma anche il reato di immigrazione clandestina, che viene così assimilato a quelli, gravissimi, di omicidio, strage, sequestro di persona…
Per assicurarsi il voto della Lega, si è ceduto alla sua arrogante volontà persecutoria contro i migranti, attribuendo alla condizione di irregolare una pericolosità sociale che contrasta persino con le modalità, amministrative, con cui viene punita. Una clausola razzista, che conferma la deriva xenofoba di questo governo.
A questo ddl è necessario opporsi con ogni mezzo, spiegandone l’ingiustizia, la portata sovvertitrice per il nostro sistema costituzionale e giudiziario.
L’Arci appoggerà tutte le iniziative volte a fermarne l’iter, dai ricorsi alla Corte Costituzionale ed Europea alla costruzione di iniziative di confronto e mobilitazione che diano voce all’indignazione per questo ennesimo colpo inferto allo stato di diritto.
Paolo Beni, presidente nazionale Arci
Roma, 13 novembre 2009